Cosa te ne fai del piano cottura a induzione?

Manfredo Occhionero

11 Gennaio 2019 | Sicurezza | 2 commenti

Questa è la domanda che da qualche anno a questa parte mi fanno parenti e amici che, invitati o autoinvitati, hanno la sfortuna di dover testare la cucina di mia moglie e a cui adoro rispondere.

Ben consapevole di assomigliare al maniaco Furio di “Verdoniana” memoria, sintetizzo con un: “così non entra più metano in casa nostra”.

Poi con calma, tra uno spaghetto scotto e una vellutata indecifrabile, rispondo anche che “no, non mi importa aver dovuto alzare la potenza erogata al contatore”, e che “no, non ho fatto calcoli sul costo orario per cucinare con la corrente rispetto alla cucina col gas” e ancora “no, non mi interessa che (forse) il piano a induzione durerà meno di un piano cottura a gas”.

Da tecnico della prevenzione mi appresto poi anche a precisare (fra l’indifferenza generale più che giustificata) che anche per quanto riguarda i livelli di emissione di campi elettromagnetici, la situazione è abbondantemente sotto controllo, ma questo è tutto un altro discorso.

La mia non è stata una considerazione “costi/benefici” in termini esclusivamente economici: ho semplicemente pensato che sia meglio non far entrare metano dentro casa e confermo a distanza di anni la validità della mia scelta.

Niente metano in casa, niente rischi di fughe di gas e niente rischi di avvelenamento da monossido di carbonio.

Eh già, ancora il nostro killer silenzioso.

Sembra davvero incredibile che nel 2019 si debbano leggere notizie relative a morti per intossicazioni da monossido di carbonio.

Ne avevamo già parlato un anno fa nel nostro blog (leggi qui).

Quasi quotidianamente si verificano intossicazioni da CO che, alle volte, fortunatamente,  si risolvono con molto spavento e cure appropriate (leggi qui) molte altre, purtroppo, si concludono fatalmente: si stima che, ogni anno, siano circa 350 le persone che perdono la vita nel nostro paese a causa del monossido di carbonio (Fonte: ASL Como).

Cosa possiamo fare per evitare il perpetrarsi di queste tragedie?

Le risposte sembrano semplici ma, evidentemente, non facili da applicare.

Partiamo dalle basi: la conoscenza è la migliore misura di tutela in ogni ambito. Sapere che questo rischio esiste realmente e non è solo una “leggenda metropolitana”, è fondamentale, perciò parlatene nelle scuole, parlatene nei luoghi di lavoro, parlatene nelle associazioni, parlatene in famiglia e con gli amici.

Conoscere vuol dire sapere da dove possiamo aspettarci problemi e quindi prevenirli.

In maggior percentuale, gli incidenti sono legati all’utilizzo di mezzi di riscaldamento “di fortuna” (bracieri, stufette portatili a gas ecc…) che vengono per lo più utilizzati nelle seconde case, nelle abitazioni provvisorie e nelle situazioni di indigenza.

Ad esempio, lo scorso anno in provincia di Verona, durante le vacanze di natale, alcuni ragazzi si sono recati in una casa in montagna sprovvista di impianto di riscaldamento.

Due di loro purtroppo sono morti per aver portato in camera un piccolo braciere (leggi qui la notizia), mentre due amiche si sono salvate perché hanno tentato di riscaldarsi con una stufetta elettrica.

Oltre alla conoscenza delle fonti di pericolo e dei danni connessi, che possono aiutarci ad avere buoni comportamenti  necessari alla riduzione dei rischi, possiamo aumentare la sicurezza delle nostre case anche con l’ausilio di strumentazioni specifiche.

In commercio si trovano sensori per rilevare il monossido di carbonio utilizzabili in ambito domestico, semplicissimi da istallare e facilmente reperibili nei negozi di elettrodomestici, di articoli casalinghi e su tutti i principali siti di e-commerce al costo di poche decine di euro: lo scoglio che a volte ci frena ad attuare le misure di prevenzione non sempre è quello economico, ma più semplicemente perché non abbiamo mai pensato veramente a come risolvere il problema.

Se dopo aver cucinato, cenato e sistemato la cucina, vi avanza del tempo e della curiosità, potete approfondire su queste pagine istituzionali dedicate al monossido di carbonio:

Istituto Superiore di Sanità

Vigili del fuoco

Ministero della salute

Protezione Civile Cuneo

OK, se mi avete sopportato fin qui, vi posso anche dire la verità:

In realtà ho tolto i fornelli a gas tradizionali perché la cucina la sistemo io tutte le sere e per pulire il piano a induzione mi bastano pochi secondi e una passata di spugna.

<a href="https://www.alphaconsulting.it/author/manfredo-occhionero/" target="_self">Manfredo Occhionero</a>

Manfredo Occhionero

Lavoro nel settore della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro dal 1998. Sono RSPP, formatore, responsabile scientifico di progetti formativi e della piattaforma e-learning di Alpha Consulting. Facilitatore del metodo LEGO SERIOUSPLAY®, CHO, Lead auditor ISO 45001:2018 e disablity manager. Scout nel DNA, perito chimico quasi per caso, appassionato di football americano ma parigino di adozione.

SICURI SEMPRE

Questo canale vuole offrire spunti di riflessione ed idee pratiche per accrescere la cultura della sicurezza e migliorare i nostri comportamenti quotidiani: sul lavoro, a casa, in auto, per strada, in vacanza, nel tempo libero. Sempre.

2 Commenti

  1. Fabrizio D'Aluisio

    Bell’articolo, complimenti.

    Rispondi
  2. Antonio Cappa

    Bell’articolo, bravo. Ma rischio monossido no, un fornello ha 1 kW di potenza e se lo usiamo tanto lavora 2 ore al giorno, il monossido prodotto è risibile.

    Rispondi

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